Pubblicato in: RIFLESSIONI DI VITA

INVOLUTA

A 13 anni la mia prof di italiano ha criticato il mio modo di scrivere.

Hai una sintassi troppo involuta!”.

Ricordo di averla guardata stupita e un po’ incredula perchè io ero la secchiona della classe, quella amata da tutti i prof, nessuno mi aveva mai dato un commento negativo.

Involuta.

Ci pensai un po’ su.. mentre lei parlava io smisi di sentire, come se quella parola avesse reso tutti i suoni attorno a me come sottovuoto, come si sentono le voci quando hai le orecchie sotto acqua.

Involuta.

Una volta a casa cercai la spiegazione del termine nel dizionario: pressapoco significava “troppo complessa, troppo contorta”.

Mentre leggevo quelle paroline scritte in piccolo, che così in piccolo solo nel dizionario è ammesso scrivere, mi riaffiorava alla mente il discorso della Prof.

“Ti si stanca a leggere, inizi troppe frasi, perdi il filo del discorso, devi andare a cercare il soggetto del verbo 5 righe sopra!”

Forse fu proprio quello il momento in cui interiorizzai, forse in modo esagerato, che quello che era complesso, contorto e stancante ero IO.

Involuta.

In-voluta.

Ma la mia sintassi era tutt’altro che involuta!!! La volevo eccome, la volevo così com’era, perchè quella ero io, perchè era così che si formulavano i pensieri nella mia testa.

E se non andavano bene come erano scritti, non avrei saputo come altro scriverli! Quindi se la mia sintassi era involuta, forse lo ero anch’io.

E iniziai a chiedermi cosa avrei potuto fare..

Lo chiesi alla Prof, che mi rispose con aria super soddisfatta: “Soggetto-verbo-complemento. Frasi più brevi, metti molti più punti, concetti concisi, chiari, ordine e pulizia!”

E così ci ho provato. Da quel giorno ho costretto la mia mente a formulare pensieri più lineari, più leggeri, più semplici. E ho smesso di scrivere, se non a comando, dove ne uscivano temi che piacevano più alla Prof che a me. Dove scrivevo un decimo di quello che pensavo, e per loro era abbastanza. Per me no.

di spalle a capri

E così con il passare degli anni mi sono accontentata di mostrare solo una piccola parte di me, per paura di essere troppo e risultare pesante.

Ma pian piano la mia mente invece cresceva e si riempiva di cose, di idee, di sogni, di parole per descrivere emozioni, riflessioni, ragionamenti. Mi sono ritrovata persa nei miei pensieri più volte, per così dire “in mia compagnia”, estraniandomi da quello che succedeva fuori.

Sono cambiate molte cose da quando avevo 13 anni.. tuttavia in questi anni con pochissime persone mi sono davvero aperta, altrimenti mi sono accontentata di stare zitta per la maggior parte del tempo e annuire.

Poi ho iniziato ad incontrare persone entusiaste della vita, che mi sembravano abbastanza pronte ad affrontare l’impeto Veronica, il fiume in piena di parole che morivo dalla voglia di far uscire.. e loro sembravano non stancarsi mai, erano sempre pronte ad ascoltarmi.

In un giorno di Luglio 2016 ho confessato ad una persona speciale la mia paura di restare da sola per sempre. Perchè avevo paura di essere troppo, mi sentivo un uragano ma di quelli che distrugge, che nessuno vuole.

Mi sentivo come una valigia pesante.

E questa persona davvero speciale mi rispose così:

“Tu quando vai in vacanza e hai voglia di portarti via tante cose, sei ben disposta a portare una valigia pesante. Chi vuole molte cose , non ha paura di sopportarne il peso, ma anzi: adora ogni cosa dentro a quella valigia, e il suo peso non è un difetto, ma al contrario un pregio!”

E allora capii, e interiorizzai, ma per fortuna più a fondo stavolta: mi ero lasciata giudicare da qualcuno di esterno, che aveva solo espresso un giudizio sulla mia scrittura, non su di me.. che si era fermato magari all’esterno, senza andare oltre e chiedersi da dove venisse quella sintassi complessa… e che forse non aveva compreso realmente chi ero.

Ho trasformato un giudizio, che era ed è stato estremamente costruttivo, in una critica alla mia persona, e mi sono auto-imposta un’etichetta pesantissima, che ha pesato molto più di quanto mi sia resa conto negli anni.

E mi ero confrontata con le persone sbagliate, con le quali io mi sentivo diversa.

Ma chi ci aveva perso ero io, io soltanto.

Quindi fai attenzione alle parole delle persone, ma soprattutto fai attenzione al significato che tu attribuisci a quelle parole!!!

Non devi mai lasciarti giudicare dagli altri, dalle loro parole, dai loro sguardi.. perchè sono giudicanti certo, ma secondo il loro modo di vivere, di vedere le cose, che non è nè giusto nè sbagliato, ma è diverso dal tuo. E va bene così.

Non sei tu sbagliato, ma sei tu che stai sbagliando se ti confronti a chi non ti può capire.

Circondati di persone che ti accettano come sei,

che ti amano per come sei,

che non sei troppo per loro …

.. ma anzi, che di te non ne hanno mai abbastanza!!!

dav

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CARA VERONICA

Cara Veronica,

che dici, facciamo un po’ di resoconto?

Quota 28.

Ventotto, suona proprio bene. Sei ancora con quel 2 davanti che ti fa sentire giovane, ma giovane nella fase giusta, quella in cui hai uno stipendio e non devi stare alle regole dei tuoi. Ma non sono ancora 29, che diventa un countdown per i 30, che se comunque per molti sono un’età super giovane, noi donne lo sentiamo proprio il gradino dei 30, inutile nasconderlo.

È anche un’età in cui le persone cominciano a darti credito, a fidarsi. Se la stessa identica cosa la dici a 25-26 anni ti guardano storto. Adesso sembra che hai un po’ più di esperienza. Che per carità, in parte è vero, ma in parte certe cose se le hai imparate a 25 anni, a 28 sei solo diventato più bravo a ripeterle. Allo stesso tempo è un’età in cui se hai un progetto super ambizioso ti senti piuttosto tranquillo perchè “hai tutta la vita davanti”, e se fai qualcosa di grande, la gente pensa “cavoli è comunque giovanissima”.

Una bella età insomma, direi che potremo fermarci qui, blocchiamo i compleanni!!!

Cara Veronica, posso dirti una cosa?

SONO STRA FIERA DI TE.

A 20 anni ti immaginavi a 28 con tutta un’altra situazione. Probabilmente sposata, probabilmente con un figlio in cantiere. A 23 ti è crollata la terra sotto ai piedi, o meglio ancora, ti sei lanciata da un treno in corsa che aveva una direzione che ti stava stretta. E per i successi 2 anni e mezzo hai raccolto i cocci, hai sostituito i pezzi, hai cambiato colore, dentro e fuori. Hai cercato la tua identità con quella fame di vivere che ti ha sempre rappresentato, ma allo stesso tempo per trovare i tuoi nuovi confini hai dovuto talvolta superarli, andando oltre alla barriera del suono, proprio per il bisogno di – sentirti- di nuovo.

E ha fatto male.

E ti sei PERSA, eccome se ti sei persa.

“Bisogna perdersi per ritrovarsi”

Sei stata un’altalena, tra picchi di gioia e picchi di tristezza, hai toccato il fondo e poco dopo il cielo con un dito. Una lavatrice di emozioni. Dentro, avevi il caos di una casa appena derubata.

Ma non ti sei data per vinta, e se l’hai fatto, è durato per qualche giorno. Poi, come ti ha insegnato la tua famiglia, ci si rimbocca le maniche e si parte da qualcosa.

E tu hai proprio deciso di PARTIRE.

A 26 anni avevi bisogno di camminare da sola, con le tue gambe, senza appoggiarti a nessuno. Potendo contare solo tu stessa, e quindi su quel casino che eri. Avevi bisogno di ritrovare l’amore e la fiducia per il tuo corpo. Di provare esperienze nuove, che ti facessero uscire dalla tua zona di confort. Sì, perchè anche se te l’eri costruita tu quella nuova vita, comunque avevi la netta sensazione di soffocare. Come se ancora una volta stessi recitando una parte, più preoccupata a piacere agli altri che a te stessa. Avevi bisogno di imparare a mettere poche cose nello zaino, a rinunciare a quelle cose che ti facevano sentire aggrappata ad una sicurezza effimera, a scoprire e realizzare cosa c’era di veramente ESSENZIALE, cosa di te era vitale.

Dopo il Cammino di Santiago sei tornata alienata.

ALIENATA è proprio la parola giusta. Ti sentivi un alieno in casa tua. Un alieno nella tua famiglia, tra gli amici, al lavoro, nei tuoi stessi vecchi vestiti. In quel primo periodo hai solo voglia di urlare e credi di star vivendo un brutto sogno, preghi di risvegliarti e trovarti di nuovo in mezzo ai campi di grano a respirare gratitudine. E poi impari ad adattarti. A stare ad alcune convenzioni sociali, per comodità, a non dire cosa pensi sul serio, per praticità. Ma intanto ti crei un angolo “santiago”, fuori e dentro di te, dove torni di tanto in tanto a ricordarti CHI SEI per davvero.

Da lì la tua mente esplose. Le idee nascevano come le fotografie nelle camere oscure: di notte le pensavi, di giorno prendevano forma. In un anno hai fatto cose che ogni essere umano impiegherebbe almeno 3 anni. Ti sei nutrita di corsi di crescita personale e professionale, ti sei messa in gioco in tutto e per tutto. Sei andata avanti a pane ed esperienze, vivendo il lavoro come missione per far star bene le persone, assaporando ogni storia, godendo di ogni sorriso. Hai iniziato a fare un lavoro diverso, e la gente se ne è accorta. Ha iniziato a dire che veniva da te perchè aveva sentito dire che tu eri “altro”. Altro da quello che c’era in giro, e forse una definizione ancora non l’hai trovata.

ALTRO mi piace moltissimo.

A 27 anni un nuovo crollo. Chi sono, cosa voglio, dove voglio arrivare. Grandi domande che non trovavano più quella risposta frizzante che ti eri abituata a dare. Perchè hai conosciuto il tuo demone, il più grande, quello che c’era, e c’è sempre stato, e che se ne stava pronto in attesa di attaccare, quando ti avrebbe visto finalmente un po’ più serena. Perchè tanto prima c’era così tanta confusione, che non sarebbe stato neanche bello alzare un po’ di polvere!

Ti sei sentita infinitamente SOLA.

E non sapevi che fartene di tutta quella soddisfazione lavorativa, se non avevi una persona speciale con cui condividere la tua gioia. E, maledetta te che ascolti gli altri in queste cose, ti sei iniziata a convincere che tutta quella solitudine arrivava dal troppo lavoro. Dalla frenesia di migliorarti sempre, dalla tua insaziabile voglia di crescere a livello professionale. “Non hai mai tempo per te!” ti dicevano, e avevano ragione in questo. Ma non avevano ragione sul fatto che questo fosse il motivo per cui non riuscivi ad incontrare la persona giusta.

Le convinzioni sono malefiche perchè sono mezze verità: sta qui la fregatura. La prima parte è sempre vera, la seconda invece, è frutto del pensiero di qualcun altro, di solito di qualcuno a te molto caro. E tu ci credi, e ti convinci che devi rallentare, che devi mollare la presa, e mettere un attimo in stand by i tuoi progetti. E li metti in un cassetto, che ti imponi di non aprire. E pian pianino ti spegni, smetti di brillare, smetti di amare il tuo lavoro e di fare le cose con passione. Smetti di chiederti cosa fa davvero bene a te, per adeguarti a quello che secondo la gente ti farebbe bene. Ma la verità è che tu stai sempre peggio, e come un cane che si morde la coda, di certo non attiri a te questa benedetta persona giusta!

Poi per fortuna, hai capito che eri infelice, e sei tornata a fare un po’ le cose a modo tuo. Hai riaperto il cassetto timorosa, ripreso in mano le tue carte, i tuoi scritti, i tuoi disegni. E come un bimbo dopo che è stato graffiato dal suo micetto, ti sei avvicinata con la paura che i tuoi sogni potessero distruggerti.

E ci sei andata piano.

Ma io non ho mai visto nessuno essere tremendamente felice andandoci piano.

A Marzo di quest’anno qualcuno con estrema prepotenza ti ha costretto a SOGNARE, ma in un modo che forse non avevi mai avuto il coraggio di fare. Un modo che non pensavi possibile, un modo che ancora al solo pensiero ti manda una scarica di energia. E ti fa scendere una lacrima, di gioia.

E hai capito, e ti sei vista, e hai realizzato.

Dicono che si nasce due volte: la prima che festeggi nel giorno del tuo compleanno, e la seconda, quando capisci PERCHÈ sei nato.

Direi che sceglierei come data simbolica il 15 marzo 2019.

E come un bimbo appena nato, hai pianto fuori quel liquido soffocante dai tuoi polmoni.

E come un bimbo appena nato hai fame, hai voglia di imparare, sei avida di emozioni, sei pronta a cadere e a rialzarti, a metterci tutta te stessa, a NON RISPARMIARTI.

E come un bimbo appena nato, non hai paura, non hai ancora quelle brutte esperienze che poi creano schemi mentali, non hai alternative se non quella di continuare a provare, a fare, a crescere.

Cara Veronica, ne hai ancora di strada da fare. Ma per quanto riguarda il percorso fatto fino a qui, caspita tanta roba. È una gran fortuna capire il tuo perchè quando davanti all’età c’è ancora un 2. Ed è un piacere vedere quanta strada hai fatto, quanti passi davvero difficili hai compiuto, e ripensare a tutti quei momenti in cui il tuo cuore stava per esplodere dalla gioia. Il tuo demone, “la solitudine”, si è preso un bello spauracchio vedendo la forza con sui hai reagito, e credo che almeno per un po’ se ne starà zitto e buono a contemplare lo spettacolo che stai realizzando.

Perchè la tua vita è uno SPETTACOLO.

C’è ancora una cosa su cui davvero devi lavorare moltissimo: sei sempre, e troppo, proiettata al futuro. Vivi un po’ di più il presente, goditi i risultati, usa davvero tutti i 5 sensi per fare tua ogni emozione.

Per questo non farò nessun excursus sul futuro, su dove ti vedo, sulla strada che ci aspetta o sugli eventuali ostacoli da superare, perchè tanto a questo ci pensi anche troppo.

Per oggi voglio dirti FERMATI e guardati indietro:

stai diventando grande, ma lo stai diventando da GRANDE.

Sei una forza della natura piccola mia, ti voglio bene.