- “Di questi tempi è difficile trovare lavoro!”
- “Bisogna accontentarsi, specialmente al giorno d’oggi, avere un lavoro a tempo indeterminato è una mano dal cielo!”
- “Cosa ti lamenti? Tanto ovunque andrai troverai problemi, con i titolari, con i colleghi.”
- “Mai lasciare la strada vecchia per quella nuova.”
- “Sai quello che lasci ma non sai quello che trovi!”
Ed è così che una persona, magari giovane, all’inizio delle sue esperienze lavorative, si beve ogni giorno questa pozione che addormenta il suo istinto creativo, il suo ottimismo, il bisogno di realizzazione, la sua voglia di essere felice.
Si ripete queste frasi come un mantra, una preghiera di auto-convinzione che “sì, sta facendo la cosa giusta!”
Va al lavoro ogni giorno, e sopporta orari ingestibili, sopporta di passare poco tempo con la famiglia, sopporta di dire di no alle uscite con gli amici perché “Non posso, devo lavorare!”. Sopporta un capo che sfrutta i suoi dipendenti, sopporta dei colleghi che creano un clima di tensione e rivalità, sopporta di essere sminuito rispetto alle sue capacità.
Va al lavoro ogni giorno, e si avvelena lentamente l’anima, buttandole addosso così tanta fuliggine che per forza non si vede più la sua luce.
E l’anima decide che può pure smettere di brillare, non ne ha più le forze, non serve a nulla perché nessuno la vede. E si smette di pensare che si possa cambiare, che sia possibile essere felici.
E al cervello intanto viene ripetuto che “il lavoro rende liberi”: lavorare è onorevole, chi si lamenta è perché non ha voglia di lavorare. La televisione urla i numeri di quanti disoccupati ci siano in italia, dimostrandoti ancora una volta di quanto tu sia fortunato. E nel frattempo senti parlare di tutte le brutte esperienze dei tuoi amici, parenti e conoscenti di conoscenti, che ti confermano che “cambiando si può andare solo in peggio”.
Tanto vale stare lì!
Lì, NELLA TUA ZONA DI COMFORT, se proprio te la senti di chiamarlo “comfort”.
Stai lì, in quella prigione dove hai firmato un contratto sì,
UNA CONDANNA A MORTE DELLA TUA FELICITÁ.
E se ci sei dentro a 25 anni, ci sarai sicuramente incastrato anche a 30, e poi a 35 e i 40 anni arriveranno in un attimo. E poi ci sarà anche l’alibi dell’età, “è troppo tardi per cambiare, a questa età non mi prende nessuno”, e si avvicineranno i 50, la casa da mantenere, un mutuo da pagare, i figli all’Università.
Perché bisogna studiare, per sperare di trovare un giorno “IL POSTO FISSO”.
E a 60 anni, forse 70, ti guarderai indietro e capirai che “un lavoro a tempo indeterminato”, se non ti rende felice, fa rima con ERGASTOLO.
C’è un tempo, molto più importante, che non è indeterminato.
IL TUO.